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Si agisca finalmente per la pace

"Rottura con la Françafrique": basta con le parole, adesso bisogna agire!

Publié le 4 febbraio 2008 - Survie

«La nostra unica preoccupazione è l’evacuazione dei cittadini di nazionalità francese». Così si è espresso lo scorso sabato il ministro della difesa Hervé Morin al telegiornale di France 2 quando è stato interpellato sull’entrata delle truppe ribelli nella capitale del Ciad. Non una sola parola sui francesi d’origine ciadiana «dimenticati» nel piano d’evacuazione, né sulla sparizione di oppositori storici (è confermato che il deputato Yorongar è stato prelevato da casa sua e che molti altri oppositori sono stati arrestati), né sui rischi che minacciano la popolazione civile.

Questa dichiarazione ministeriale lascia presagire un evidente disinteresse della Francia a garantire la sicurezza (seppur parziale) della capitale approfittando dei suoi 1100 soldati già presenti nel paese.

Quale ruolo intende svolgere la Francia in questo nuovo episodio di una crisi ciadiana che si preparava da anni?

Nel corso di quel telegiornale, Bernard Kouchner ha ricordato che la Francia sostiene dal punto di vista logistico e delle informazioni di intelligence (in base all’accordo di cooperazione militare con il Ciad) il Presidente Idriss Déby, «eletto» e dunque rappresentante della «legalità» nel paese. Il ministro francese per gli affari esteri sa molto bene che Idriss Déby Itno non è mai stato eletto in modo «legittimo». Salito al potere con la forza il 1° dicembre del 1990 dopo aver rovesciato il dittatore Hissen Habré, del quale era stato per otto anni il braccio destro e il capo di Stato Maggiore, Déby ha organizzato diverse elezioni presidenziali che si sono rivelate ogni volta delle mascherate elettorali: nel 1996, nel 2001 (fermamente denunciate dal Parlamento europeo) e nel 2006, dopo aver messo mano alla costituzione in seguito a un referendum grottesco tenuto per l’occasione.

I tanti soprusi del Presidente Déby ai danni delle popolazioni del Sud, dapprima sotto il regime di Hissen Habré (si stima che siano state 40.000 le persone torturate e/o giustiziate in otto anni) e poi durante il proprio, dal 1990 a oggi, hanno rapidamente trasformato questo militare formatosi all’École de guerre di Parigi in un Presidente corrotto, che ha saccheggiato le magre ricchezze del paese a vantaggio del suo clan Zaghawa/Bideyat e ha accelerato l’impoverimento del Ciad nonostante la nuova manna petrolifera che si supponeva dovesse beneficiare il bilancio dello Stato.

Nel 2006, tuttavia, alla Francia si è presentata l’occasione di spingere i ciadiani verso una dinamica di riconciliazione. Le associazioni della società civile hanno chiesto la creazione di un forum nazionale per la pace e la riconciliazione con l’instaurazione di un dialogo a tutto campo. Invece di sostenere questa iniziativa, per interessi a breve termine la Francia ha scelto di dare indefettibile sostegno al Presidente Déby (anche dal punto di vista militare).

Come in Ruanda, Africa Centrale, Togo, Congo-Brazzaville e Costa d’Avorio, la Francia ha contribuito - offrendo un completo appoggio a regimi criminali, illegittimi e corrotti - a creare delle bombe a orologeria. Nel caso del Ciad c’è ancora tempo per disinnescare questa bomba, assicurando rapidamente le condizioni per l’instaurazione del forum nazionale, con un mandato internazionale provvisorio per garantire la sicurezza del processo. Le recenti dichiarazioni del Segretario di Stato per la Francofonia e la Cooperazione, che ha auspicato «una rottura con la Françafrique», vanno in questo senso. Jean-Marie Bockel ha i mezzi per sostenere una tale ambizione? Ma soprattutto l’Eliseo ne ha la volontà? Intanto, i ciadiani pagano con il proprio sangue una politica che li ha privati dei loro diritti.

Fonte : Survie, Olivier THIMONIER olivier.thimonier(at)survie-france.org Tel. : 0033 1 44 61 03 25

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